Leviga il tempo quella furtiva lacrima... perché!
colora il cielo di pianto a scendere dalle nuvole
rosse labbra tinte nell’oscuro essere... inerme amore
nelle mani infuocate su fragile membra... il perché
subire ancora quell’erosiva ragione d’un crudo sapore.
Cauta s’attiene al fugace bacio... rubato bisbiglio
a innocente vita nella dimensione terrena in volo
mentre scende la paura all’invito cortese e frivolo
nelle scure scene a fluire tra quei stanchi cespugli.
Grezza violenza, estirpata volontà... il pudore
celato da ignuda veste nelle stanze dei silenzi
dove la parola amore è annullata dal misto sudore
nei sbagliati tempi, ribrezzo a vivere nei negati assenzi.
Nelle valli della verginità... gemiti ascoltare,
preghiere invocate tra le strade aperte alla omertà
falsi aurei tesori ad investire di bevuti orgogli
tra i sussulti di quei spenti sguardi nel mesto,
nel malinconico pianto il liberatorio andare
di quella vita il corpo, l’anima ...
la libertà in una nuova primavera.
Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.